XIV rapporto sulle migrazioni 2008

Cittadini immigrati oltre i quattro milioni, raddoppiano gli irregolari

XIV rapporto sulle migrazioni 2008, dalla Fondazione Ismu

Milano, 19 Gennaio 2008 – Nel 2007 gli immigrati sfiorano i quattro milioni, circa il 6% della popolazione, con una crescita dell’8,7%, inferiore rispetto al passato. E’ boom di regolari non residenti (700mila, il 103,5% in più in un anno), mentre gli irregolari segnano uno dei minimi storici: sono 350mila, in calo del 46,3% rispetto al 2006. I dati sono legati agli effetti “sanatoria” prodotti dalla regolarizzazione del decreto flussi 2006. Gli immigrati contribuiscono per l’8,8% al Pil, prodotto quasi per il 40% nel Nord Ovest. Il dato sale al 10,7% in Lombardia e cala al 4% nel Mezzogiorno. Attraverso simulazioni che individuano la dinamica demografica fino al 2020, l’Ismu ha calcolato che l’immigrazione non risolve il problema invecchiamento della società italiana: considerando l’apporto netto costante di 450mila stranieri l’anno la percentuale di anziani aumenta di circa 1,5 punti percentuali e il rapporto tra spesa pensionistica e Pil cresce comunque del 10%. Sono stati stimati anche i costi della criminalità straniera: sono oltre 7 miliardi di euro l’anno (incidono soprattutto violenze sessuali per più di 2,7 miliardi). E un’indagine sugli atteggiamenti degli italiani verso gli stranieri rivela che l’81,3% considera gli immigrati utili per alcuni lavori, ma quasi il 31% pensa che sottraggano occupazione agli italiani. Sono questi alcuni dei principali dati del XIII Rapporto Nazionale sulle migrazioni, elaborato dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) e presentato il 25 gennaio in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano. Al convegno moderato da Walter Passerini, esperto di tematiche del lavoro, hanno partecipato, tra gli altri, Paolo Raineri e Vincenzo Cesareo, rispettivamente Presidente e Segretario Generale della Fondazione Ismu, Carlo Sangalli, Presidente Camera di Commercio di Milano e Presidente Unioncamere, Giuseppe Guzzetti, Presidente Fondazione Carialo, Stefano Bertozzi, Gabinetto del Vicepresidente Commissione Europea. Sono stati consegnati i Riconoscimenti Ismu 2007. Il vincitore straniero è Carlos Verduga, ecuadoriano, direttore dell’orchestra da camera Mediolanum, il premiato italiano è Filippo Giovanni Maffeis, direttore generale e amministratore delegato dell’impresa di pulizie Framar.

Quanti sono gli immigrati in Italia – All’inizio del 2007 sono quasi quattro milioni (3.982mila) circa il 6% della popolazione, 320mila in più rispetto al 2006 con una crescita dell’8,7%, inferiore rispetto al passato: nel 2006 l’aumento è stato dell’11,6%, nel triennio 2003-2005 quasi del 20%. E’ boom di regolari: sono oltre 3,6 milioni, 600mila in più rispetto al 2006, con un incremento del 20,6%. La maggior parte è residente: quasi 3 milioni con una crescita del 10%. Sono aumentati soprattutto i regolari non residenti che sfiorano i 700mila con un incremento del 103,5% rispetto al 2006 per effetto della regolarizzazione del decreto flussi 2006 non ancora tradotto (al 1° gennaio 2007) in iscrizioni anagrafiche. Agli stessi effetti di “sanatoria” del decreto flussi 2006 sembra attribuibile la presenza di una quota di irregolari che segna uno dei minimi storici: agli inizi del 2007 sono quasi 350mila, l’8,7% della popolazione in calo del 46,3% in un anno. Dati così bassi non si ricordavano dal 2002, quando con la regolarizzazione di 650mila unità l’irregolarità è scesa al 10% dei presenti. Provenienze. Aumentano gli immigrati dell’est Europa. Tra i sei paesi che superano le 100mila unità di residenti (che complessivamente rappresentano il 49%) ben tre sono dell’Europa dell’est: Albania (376mila, il 7,7% in più), Romania (342mila, il 14,8% in più) e Ucraina (120mila, il 12,1% in più). Crescono soprattutto le cittadinanze con minore anzianità migratoria: oltre agli ucraini, anche i moldavi (entrambi presenti mediamente da circa tre anni) sono aumentati del 16,7%. In futuro. Il crescente flusso dall’est Europa non sembra destinato a durare. E’ probabile che nei prossimi 15 anni gli immigrati in Italia arriveranno soprattutto dall’Africa sub sahariana. Analizzando le previsioni delle Nazioni Unite per ogni paese sulla frequenza annua dei potenziali ingressi giovanili nel mercato del lavoro (posti richiesti) con quella delle potenziali uscite di lavoratori anziani (posti resi disponibili), si scopre che per garantire l’equilibrio nel mercato del lavoro locale l’Africa Sub Sahariana dovrebbe creare ogni anno 15-20 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2025. Allo stato attuale, è impossibile. Per cui è prevedibile che le future migrazioni partiranno soprattutto da qui. Mentre sembra che il serbatoio della forza lavoro in eccesso nell’Est Europa andrà esaurendosi. In Romania, già dal 2010 ci saranno più uscite che entrate nel mercato del lavoro locale (circa 50mila unità annue), così come in Ucraina ci sarà un deficit di 150-200mila.

Chi sono? – La maggior parte è composta da immigrati tra i 25 e i 44 anni (quasi il 56%). I maschi prevalgono tra i minorenni e nella fascia 25-44 anni, mentre c’è una schiacciante superiorità di donne in età più matura (tra i 45 e i 64 anni), riconducibile a ricongiungimenti familiari o a migrazioni individuali al femminile, talvolta nel quadro di progetti di sostegno economico ai familiari rimasti in patria (ucraine). La maggior parte della presenza immigrata si concentra nel Nord-Ovest, il 38% del totale, seguono il Nord-Est con il 27%, il Centro con il 23%, l’Italia del Sud con il 10%, e quella Insulare con il 3%.

Scenari demografici: da soluzione a problema – Spesso l’immigrazione in Italia è considerata la soluzione al problema dell’invecchiamento. Per valutare l’efficacia della risposta migratoria a questa questione, l’Ismu ha svolto simulazioni a partire da dati Istat  individuando la dinamica demografica fino al 2020 sulla base di alcuni possibili scenari sull’intensità annua dei flussi di ingresso (da 150mila a 450mila). Risulta che l’immigrazione è senz’altro una risorsa, ma non risolve il problema. Anche considerando l’apporto netto costante di 450mila immigrati l’anno è vero che si attenua la crescita dell’invecchiamento, ma la percentuale di anziani nel nostro paese comunque aumenta di circa 1,5 punti percentuali (passando dal 19,9% nel 2007, al 21,4% nel 2020). Inoltre, valutando gli effetti sul welfare, il rapporto tra spesa pensionistica e Pil, che con un apporto annuo di 150mila immigrati si accrescerebbe del 20% da qui al 2020 (per il solo effetto demografico e a parità di altre condizioni), con un apporto di 450mila non frenerebbe il rialzo, ma aumenterebbe comunque del 10%. La stessa funzionalità economica della forza lavoro immigrata sembra rimessa in discussione dalle trasformazioni strutturali che vanno configurandosi. Se è vero che nei prossimi due decenni andrà progressivamente attenuandosi il peso relativo dei 25-44enni a favore di una parallela crescita dei 45-64enni (con uno spostamento di quasi 10 punti percentuali tra il 2007 e il 2020), sembra lecito ipotizzare che i vantaggi della maggiore adattabilità e dello stesso minor costo che tradizionalmente caratterizzavano la giovane forza lavoro immigrata dovranno fare i conti con un’offerta “più matura” e forse anche meno conveniente. Natalità. Se è incontestabile la forte crescita del peso relativo della componente straniera sul totale dei nati e l’attribuzione ad essa di gran parte del merito della tanto enfatizzata (quanto nei numeri relativamente modesta) ripresa della natalità osservata in Italia nell’ultimo decennio, non si può immaginare che tale supporto possa accrescersi senza limiti. Le previsioni Istat basate sui 150mila ingressi netti annui accreditano la possibilità che i 550-560mila nati di questo inizio secolo possano scendere a poco più di 450mila nel prossimo decennio, ma non sarebbero sufficienti ad arginare tale caduta né 100mila, né 200mila ingressi annui in più.

Nel primo caso si avrebbero nel 2020 solo 495mila nascite (il 12% in meno rispetto al 2006), mentre nel secondo si arriverebbe a 534mila (5% in meno). Le simulazioni mostrano come l’unica alternativa per mantenere sostanzialmente stabile il livello della natalità in Italia, ove si volesse affidare la soluzione unicamente al contributo degli stranieri, sarebbe quella di puntare su un apporto medio annuo netto di 450mila unità. Salvo poi interrogarsi doverosamente sulla problematicità del governo di un tale flusso, ma forse anche sulla ragionevolezza dell’aver delegato “all’esterno” la soluzione di un problema che riguarda l’esistenza stessa della popolazione italiana.

Lavoro – Al terzo trimestre 2007 gli occupati stranieri sono quasi un milione 600mila, 970mila uomini e 621mila donne. Gli occupati si concentrano al Nord (63%), solo l’11,6% è nel Mezzogiorno. Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio le regioni in cui confluisce soprattutto l’occupazione straniera. Gli immigrati lavorano perlopiù nei Servizi (38 uomini su 100 e 84 donne su 100, su un totale di circa 900mila), nell’Industria è occupato il 23,4% (tre quarti al Nord), nell’Edilizia il 18%, in Agricoltura il 4,6% dei maschi e il 2,6% delle femmine (nel Mezzogiorno la quota sale all’11%). La metà degli occupati (53,1%) ha un’istruzione di livello superiore con una palese discrasia rispetto al loro profilo professionale. Gli stranieri in cerca di occupazione sono 143mila, di cui 55mila uomini e 88mila donne, un dato verosimilmente sottostimato.

Lavoro nero
– Per vincoli giuridici, entrano nella maglia del lavoro nero soprattutto gli immigrati sfuggiti alle regolarizzazioni. Considerando i dati lombardi, si scopre che tre su quattro irregolari/clandestini lavorano in nero, mentre il 15% è disoccupato. Tra coloro che dispongono di un permesso di soggiorno l’occupazione irregolare crolla all’8%. Tre su quattro imprenditori sono naturalizzati. Salari. La retribuzione media mensile è di 785euro.

Il Pil degli immigrati Gli immigrati, che rappresentano il 6% della popolazione, produco l’8,8% della ricchezza nazionale complessiva. Il dato sale fino a sfiorare l’11% in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. In Lazio arriva al 9,9% mentre scende al 4% nel Mezzogiorno. Il Pil degli immigrati è prodotto soprattutto (37,9%) nel Nord Ovest. A livello settoriale, il contributo più elevato arriva da Edilizia (18,3%), seguono Servizi con il 7,3% (anche se nei servizi si concentra poco meno del 60% del valore aggiunto creato dall’immigrazione).

Imprenditori immigrati – Dal 2000 al 2005 i titolari d’impresa nati all’estero sono raddoppiati: nel 2005 superavano le 200mila unità, nel 2006 sfioravano le 230mila. Tra le nuove aziende, oltre un terzo ha un titolare extracomunitario e nella sola provincia di Milano si contano oltre 20mila imprenditori stranieri residenti (le altre province con un’incidenza significativa sono Roma, Torino e Firenze). Gli imprenditori stranieri lavorano per lo più nel Commercio (quasi 95mila), nel settore Edile (68mila), Manifatturiero (25mila) e Trasporti (11mila). Il Marocco guida la classifica dei titolari di imprese individuali con quasi 40mila aziende seguito da Cina, Albania e Romania. Le donne rappresentano circa il 20% dei titolari nati all’estero.

La scuola – A ottobre 2007 i minori sono 650.625mila, circa 80mila in più del 2006. Più del triplo rispetto agli inizi del millennio. Gli stranieri nati in Italia sono quasi 400mila (398.205) e le seconde generazioni (perlopiù minorenni) rappresentano il 13,5% della popolazione. Nell’anno scolastico 2006/2007 i nuovi studenti stranieri sono poco più di 70mila. In totale gli iscritti nelle scuole con cittadinanza non italiana sono 501.494, il 5,6% del totale (448.807, circa il 90%, nelle istituzioni statali). La maggior parte si concentra nelle primarie (6,8%), nelle secondarie di primo grado (6,5%) e nelle secondarie di secondo grado (il 3,8%, di cui l’80% è iscritto in Istituti professionali). La crescita più significativa riguarda gli alunni della Romania (+29,5%). La regione con il maggior tasso di alunni stranieri è l’Emilia-Romagna con il 10,7%. In Lombardia continua a registrarsi la più elevata presenza in valori assoluti (121.520, quasi un quarto della popolazione straniera complessiva). A livello di incidenza, tra le province che superano la percentuale del 10% di presenze ci sono Mantova (14%), Prato (13,5%), Piacenza (13,2%), Reggio Emilia (12,7%) e Modena (12%). Il 35% delle scuole non ha nessun allievo di cittadinanza non italiana mentre il 62% ha un’incidenza minore del 20%. Il 3,4% supera il 20% di alunni stranieri e, tra queste, vi sono 89 istituzioni che superano il 40% delle presenze. La maggioranza si trova nelle regioni del Nord (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte) e in città medie e grandi come Milano, Torino, Bolzano, Roma e Brescia.

La criminalità – Denunciati. Nel 2005 (ultimo dato ufficiale disponibile) quasi uno su quattro è straniero: il 23,6% (130.131 stranieri su 550.773 totali), in Lombardia si tratta del 34,1% (21.780 su 63.928), in Veneto del 38,5% (12.023 su 31.252). A livello nazionale, l’aumento dal 2000 è del 24,7%. Condannati. Uno su cinque è straniero: il 21,9% (48.525 stranieri su 221.381 totali). In Lombardia si tratta del 39,5% (9.969 su 25.208), in Veneto del 35,3% (4.222 su 11.970). A livello nazionale, l’incremento dal 2000 è del 14,9%. Detenuti. Nel 2006 più di un detenuto su tre è straniero: il 33,7% (13.152 stranieri su 39.005 detenuti). In Lombardia si tratta del 47,5% (3.064 su 6.453 detenuti), in Veneto del 55,1% (974 su 1.768). A livello nazionale l’incremento dal 2000 è del 15%. La criminalità organizzata degli stranieri in Italia I cinesi. Possono essere sia “bande giovanili” sia “gruppi criminali organizzati tipici”. Le prime sono specializzate in rapine a danno di connazionali, estorsioni, incendi dolosi e delitti contro la persona. Sono spesso composte da minorenni coordinati da un adulto clandestino. Sono presenti soprattutto in Lombardia, in particolar modo a Milano, dove diversi gruppi si contendono il predominio del territorio. I gruppi criminali organizzati sono coinvolti nella contraffazione, traffico di clandestini e tratta a scopo di sfruttamento del lavoro nero e della prostituzione. Anche l’importazione di merce contraffatta dalla Cina continua a essere un problema. I porti di Napoli, Gioia Tauro, Taranto e Genova ogni anno sono meta di centinaia di migliaia di container provenienti dalla Cina. I rumeni. Le bande rumene commettono soprattutto reati contro la persona e il patrimonio. Poco alla volta si sono trasformate in organizzazioni illegali più complesse che riescono ad affacciarsi su circuiti criminali più remunerativi: traffico di sostanze stupefacenti, immigrazione clandestina e tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento nel lavoro nero e nella prostituzione. Collaborano con organizzazioni criminali attive in altri paesi dell’Est (Albania, Moldavia, Ucraina), raggiungono sempre più spesso intese criminali anche con le organizzazioni criminali calabresi, siciliane e lucane. I costi della criminalità degli stranieri Il costo totale medio annuo (nel 2005 e nel 2006) della criminalità straniera è stato stimato in circa 7 miliardi di euro. Incidono soprattutto violenze sessuali (più di 2,7 miliardi), lesioni dolose (più di 2 miliardi), furti con destrezza (più di 1,2 miliardi) e furti di autovetture (più di un miliardo).

Gli italiani e l’immigrazione
– L’Ismu a settembre 2007 ha realizzato su un campione di mille soggetti con più di 15 anni, attraverso l’Eurisko, la quinta edizione di un’indagine sull’atteggiamento degli italiani verso gli immigrati. La maggior parte, l’81,3%, ritiene che gli immigrati siano utili per svolgere alcuni lavori, mentre quasi il 31% pensa che gli stranieri sottraggano lavoro agli italiani. Per il 61,2% l’immigrazione porta criminalità. Il 52,3% è favorevole a estendere il diritto di voto agli immigrati alle elezioni comunali e il 50,1% anche alle politiche. Poco meno del 50% ritiene che gli immigrati arricchiscano culturalmente il paese. Il 24,2% valuta positivamente le politiche migratorie.

I minori non accompagnati
– A fine settembre 2007 i minori stranieri non accompagnati sono 6.554 (stabili rispetto al 2006 quando erano 6.453). I più numerosi sono marocchini (1.514) e albanesi (1.163). I ragazzi tra i 15 ai 17 anni rappresentano più del 78% del totale. I maschi sono il 91%. La Sicilia è la regione maggiormente coinvolta con il 32,55%, seguita dalla Lombardia che si attesta sul 16,07%.
Fonte www.uil.it

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