Espulsioni e trattenimento nei Cie: un decreto annunciato e non ancora pubblicato

Espulsioni e trattenimento nei Cie: un decreto annunciato e non ancora pubblicato

Roma, 20 giugno 2011 – Un decreto che recepisce appieno le direttive europee per “dare una risposta alla limitazione posta da sentenze che interpretavano le direttive europee in modo molto più favorevole ai clandestini rispetto alla nostra interpretazione”. Così, il ministro dell’Interno Roberto Maroni, protagonista al raduno leghista di Pontida dove in molti lo hanno invocato come presidente del Consiglio, ha risposto alle numerose critiche al Governo all’indomani dell’annuncio del decreto approvato nel Consiglio dei Ministri di giovedì scorso.
Il documento, che finora non è ancora apparso nella stesura definitiva ma di cui esiste, nel sito della Presidenza del Consiglio, soltanto uno schema di sintesi, prevede sei aspetti:
– l’allontanamento immediato dei cittadini extracomunitari clandestini pericolosi, a rischio di fuga, già espulsi o che violano le misure date dal questore (consegna del passaporto, obbligo di dimora e di presentazione presso gli uffici della forza pubblica);
– trattenimento nei Cie fino a 18 mesi in luogo dei sei mesi attualmente previsti;
– rimodulata la fattispecie del reato di violazione dell’ordine del questore e attribuita la competenza al giudice di pace;
– rimpatrio volontario assistito senza espulsione;
– allontanamento coattivo (espulsione) anche dei cittadini comunitari per motivi di ordine pubblico se permangono sul territorio nazionale in violazione della direttiva 38/2004 sulla libera circolazione dei comunitari;
– ulteriori misure di adeguamento della normativa nazionale alle direttive 38/2004 e 115/2008.
Finora, in mancanza del testo ufficiale, le critiche al Governo sono giunte soprattutto per il provvedimento riguardante il prolungamento fino a 18 mesi nella permanenza nei Cie. Una misura questa che, nella direttiva 2008/115 (art. 15, commi 5 e 6), prevede “un periodo limitato di trattenimento, che non può superare i sei mesi” e che “gli Stati membri non possono prolungare… salvo per un periodo limitato non superiore ad altri dodici mesi conformemente alla legislazione nazionale nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l’operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa: della mancata cooperazione da parte del cittadino di un Paese terzo interessato, o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi”.
Decisamente contrarie a tale recepimento sono state le organizzazioni cattoliche. “Prolungare il trattenimento nei Cie è per noi assurdo. È un modo per esasperare ulteriormente gli animi. Qual è il senso di queste iniziative, che mirano a mortificare la dignità delle persone?”, ha dichiarato padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli (servizio dei Gesuiti per i rifugiati). Dello stesso parere anche monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale, che spiega “il problema vero non sono tanto i tempi quanto il luogo di trattenimento. Sappiamo che i Cie sono un luogo di grande conflittualità, di violenza, di autolesionismo, perché la persona non è tutelata. Inoltre nei Cie non c’è nessun progetto, mancano percorsi che possano portare ad un discorso lavorativo, scolastico e di tutela più generale. È una forma di carcerazione che non aiuta assolutamente la promozione della persona”.
Il Consiglio italiano dei rifugiati (Cir), punta l’indice sullo strumento decreto, perché “nessuno degli aspetti menzionati nella scheda del Decreto legge in materia di immigrazione deliberato dal Consiglio dei Ministri ha le caratteristiche di straordinaria necessità e urgenza”.
Pertanto il provvedimento, semmai fosse formalizzato, sarebbe – secondo il Cir – “in contrasto con l’articolo 77 della Costituzione e con le norme della legge 400 del 1998, che limitano la facoltà del Governo di emanare decreti legge esclusivamente per circostanze che richiedono necessariamente interventi di urgenza”. Inoltre, sottolinea l’organizzazione, il prolungamento del trattenimento nei Cie dagli attuali 6 mesi ai 18 mesi “rappresenta più una misura punitiva nei confronti dei cittadini stranieri irregolarmente presenti, che una misura per rendere efficace l’espulsione. Già l’aumento da 2 a 6 mesi del trattenimento stabilito nel pacchetto sicurezza nel 2008 non ha, secondo le statistiche del Ministero dell’interno, portato a una maggiore efficacia delle misure di allontanamento”.
Un provvedimento “inutile e dispendioso” è stato giudicato dal sindacato di Polizia Siulp, perché “non porterà alcun beneficio per le espulsioni effettive e produrrà un costo esorbitante”. Il sindacato cita uno studio effettuato nel Cie di Gradisca d’Isonzo, in cui risulta che un immigrato costa mediamente oltre 10mila euro l’anno. “Se a questo si somma il fatto che solo il 30% circa degli ospiti è stato effettivamente espulso dal territorio nazionale, l’ammontare complessivo diventa quasi il doppio nel rapporto investimento-obiettivo”. Prolungare il periodo di trattenimento, dunque, “significa di fatto aumentare il lavoro per la Polizia di Stato e le spese sul bilancio pubblico”. Risorse che, dice il Siulp, “potrebbero essere utilizzate in modo assai più proficuo finanziando nuovi accordi o rafforzando quelli già esistenti, aumentando le risorse a disposizione delle forze di polizia”.
(Al. Col., Immigrazione Oggi)

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