Immigrati, la crisi frena gli arrivi. Aumentano i rimpatri

Immigrati, la crisi frena gli arrivi. Aumentano i rimpatri

La Caritas: in un anno dimezzate le nuove residenze. Le imprese: c’è meno lavoro
Venezia, 27 ottobre 2010 – Un passo indietro, questa volta c’è stato. Meno lavoro per tutti, meno assunzioni e l’esplosione della crisi: un mix economico con il segno meno che ha rallentato in modo sensibile i flussi migratori facendo registrare al Veneto il dato più basso di nuovi arrivi rispetto a tutta la Penisola. 
L’incremento percentuale dei cittadini immigrati residenti Veneto nel 2009, secondo il Rapporto Caritas Migrantes, presentato ieri a Venezia, si attesta al +5,8% contro il 12,5 del 2008 e facendo scivolare la regione al terzo posto (era al secondo, subito dopo la Lombardia) quanto a presenza di residenti stranieri, calcolati in poco più di 480 mila. Nuovi arrivi in calo, dunque, ampiamente al di sotto della media italiana (+8,8%), e qualche ritorno di troppo al paese d’origine. «Il problema è legato alla crisi economica – spiega Alessandro Sovera, redattore del dossier – chi viene in Italia lo fa per cercare lavoro, se il tasso occupazionale generale scende il cittadino immigrato è il primo a rischiare il posto. Senza contare che, senza lavoro, mette a rischio anche il permesso di soggiorno». Licenziamenti, problemi legati ai permessi, e così, accanto ad una brusca frenata negli arrivi, si prolungano anche i periodi lontani dall’Italia. «Non mancano le situazioni in cui i ricongiungimenti familiari si trasformano in nuove separazioni – spiega Gianfranco Bonesso, del servizio immigrazione del Comune di Venezia – c’è chi prova a rimanere qui per un po’ con moglie e figli, poi però, tra affitto e spese, non ce la fa e così la famiglia è costretta a tornare indietro». Cittadini stranieri e veneti, insomma, uniti dagli effetti della crisi, come segnala il dato Inail 2009 sugli occupati stranieri, per la prima volta, nell’ultimo decennio, negativo (-0,9%). Meno lavoratori stranieri, ma più specializzati, queste le richieste delle imprese, secondo quanto rilevato dallo studio di Unioncamere Veneto: «I posti di lavoro sono diminuiti (da 27.400 nel 2007 a 8.550 nel 2009) ma la richiesta si è alzata in termini qualitativi, – spiega Serafino Pitingaro del centro studi Unioncamere -.Le aziende sono più disposte a formare il personale straniero, al quale viene richiesto perciò un livello di professionalità più elevato». E se il saldo occupazionale rimane negativo in tutte le provincie venete (con l’eccezione di Rovigo), il gap nel reddito tra lavoratori stranieri e italiani raggiunge un massimo storico: 10mila euro l’anno per gli uomini e 4.616 euro per le donne. Piccole e medie imprese con esuberi occupazionali da recessione da un lato, lavoratori immigrati licenziati dall’altro: «E’ un fenomeno di cui dovremmo tener conto – dice Sandro Simionato, vicesindaco e assessore alla politiche sociali del comune di Venezia, – questo è un territorio che ha grandi possibilità di assorbimento ma evidentemente non le sfrutta fino in fondo. Le incertezze lavorative possono essere fattori esplosivi nelle dinamiche locali (anche di sicurezza)». «Questo sarà l’inverno peggiore degli ultimi due anni – dice Monsignor Dino Pistolato, direttore della Caritas veneziana – siamo ancora in una fase di discesa, le cessazioni dei rapporti di lavoro sono in aumento. Le reti sociali però funzionano sul breve periodo, 6-12 mesi, se parliamo di anni, la rete non tiene più. Queste persone devono potersi inserire veramente, farsi una vita qui, altrimenti la qualità della vita si abbassa ed è il tessuto sociale stesso a rischiare». Una fotografia a tinte fosche, dunque, che racconta specificità diverse a seconda delle province. Vicenza, con il 16,8% sul totale di stranieri è la provincia veneta e triveneta che ha più immigrati di seconda generazione (e quindi nati nel periodo 2002/2009), mentre nel Bellunese c’è la concentrazione più alta di straniere, con un’incidenza (54,4%) ben più alta rispetto alla media regionale (49,2%). A Venezia invece il primato di «natalità immigrata». Nel 2009, in tutta la regione, i figli di immigrati sono stati 10.295, a fronte dei 10.043 dell’anno precedente. La differenza, in positivo è di 250 unità, cui hanno contribuito in larghissima parte gli stranieri residenti nel Veneziano: nel 2009, qui, un saldo positivo di 226 nati. «Quelle veneziane sono famiglie giovani e arrivate da poco – spiega Bonesso – i neonati delle altre province hanno registrato un boom negli scorsi anni ». E mentre la situazione familiare e lavorativa dei genitori diventa più precaria, si contrae anche il numero degli alunni stranieri, dopo il boom delle annate precedenti, specie nella scuola primaria. Sono 81.004 gli alunni stranieri in Veneto, con un aumento di 3.923 ragazzi (contro gli oltre 6600 dell’anno precedente), e picchi di aumento soltanto nelle province di nuova migrazione, (+ 4,8% a Treviso, +5,2% a Vicenza, +1,9% a Verona, +9,6% a Rovigo, +6,9% a Venezia e Padova e + 5,2% a Belluno). «Gli alunni stranieri sono una realtà di cui adesso dovremmo smettere di preoccuparci soltanto a livello linguistico – dice Carmela Palumbo, direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale – i ragazzi che arrivano in età avanzata sono molti meno rispetto ai bambini più piccoli. Dovremmo cominciare a pensare più seriamente non solo percorsi relativi all’insegnamento dell’italiano, insomma, ma fare anche un progressivo sforzo di riorganizzazione dei saperi in chiave interculturale».

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